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Emilio Colombo e la Rivolta di Reggio del 1970

Questo è un articolo che poteva essere tratto dal “Quotidiano della Calabria”, a firma del Sig. Giovanni Crea. Purtroppo, però, lo scritto, inviato tramite Email il 14 luglio 2005 alle ore 22.22 alla redazione reggina del giornale, cioè in occasione del 35° anniversario della Rivolta di Reggio Calabria, non è stato mai pubblicato. Chissà perché. Noi lo facciamo adesso, per garantire il diritto di espressione e la libertà di stampa realmente, e non a chiacchiere, smascherando i giornalisti di stagione o di regime che tentano di censurare e usare a piacimento gli articoli, quando certe notizie non piacciono o danno fastidio. Così, come Adriano Celentano ha riportato in auge la libertà di pensiero e di critica in Rai con la trasmissione Rockpolitic, adesso noi garantiamo quella libertà di espressione in Calabria violata dalla carta stampata con la censura dell’articolo sopra citato. E anche noi possiamo gridare con il molleggiato: per oggi, per quanto riguarda i giornali più liberi, siamo primi in classifica!!!
W LA LIBERTA’.

Il giornalista Franco Cimino, sul “Quotidiano della Calabria” ha applaudito, qualche tempo fa, alla nomina, da parte del Presidente Ciampi, di Emilio Colombo senatore a vita. Colombo, esponente della DC, fu ministro del Tesoro, ministro degli Esteri, ed anche presidente del Consiglio dei Ministri nel biennio 1070-1972, gli anni della rivolta di Reggio. La rivolta, iniziata il 14 luglio del 1970 per il capoluogo di Regione, fu uno degli episodi più importanti in Italia ma anche in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale: fu una delle pagine più grigie della nostra storia, con devastazioni, incendi, barricate, scontri tra la popolazione e le forze dell’ordine, con un bilancio di 5 morti e centinaia di feriti, tra cittadini e poliziotti; ma fu nel contempo una delle pagine più gloriose della città di Reggio, che difendeva, tutta intera, i suoi diritti. Disse Luigi Maria Lombardi Satriani: “Alla radice della violenza esplosa c’era un problema di dignità negata e l’esigenza di essere ascoltati, che hanno avuto come risposta l’occupazione militare, come se si trattasse non di esplosioni drammatiche di bisogni che, al di là delle strumentalizzazioni reazionarie, richiedono adeguate soluzioni politiche, ma di una provincia che osi ribellarsi al potere coloniale”. La rivolta fu un’espressione di un’anima popolare che per un anno intero lottò per il mantenimento delle sue prerogative, e per un suo riscatto sociale, e verso la quale ci fu una precisa volontà politica (in primis del governo dell’epoca) di ridimensionarla, tacciandola come fascista ed eversiva. Perché il capoluogo di Regione era e toccava a Reggio Calabria. Questo fatto, inconfutabile, veniva confermato dalle leggi in atto in quel periodo, che destinavano a Reggio importanti uffici regionali, in quanto capoluogo di Regione. Tra i meriti di Emilio Colombo, il Sig. Cimino elenca la fede nella libertà e la scelta dell’Europa. Ma di quale libertà parla Cimino? Il governo Colombo soffocò il desiderio di affrancamento e di libertà del popolo reggino: spogliò Reggio del Capoluogo di Regione, piegandosi agli accordi sottobanco conclusi da pochi notabili calabresi (Mancini, Misasi, Pucci). Promise che sul capoluogo si sarebbe espresso il Parlamento nazionale: promessa da marinaro! Cedette al ricatto di Giacomo Mancini, che minacciò la crisi di governo, se i “patti” segreti stabiliti a Roma (cioè capoluogo a Catanzaro, Università a Cosenza e industrializzazione a Reggio) fossero saltati. L’atteggiamento irresponsabile dell’allora Presidente del Consiglio, portò ad una “lotta” tra Catanzaro e Reggio , cioè una rivalità tra due delle città più povere d’Italia, due città dimenticate, come la Calabria, da tutti i governi dall’Unità in poi. Una guerra tra i poveri, di cui le rispettive popolazioni non avevano senz’altro bisogno. Ben altro atteggiamento tenne sulla rivolta reggina, il Presidente della Repubblica di allora, il piemontese Giuseppe Saragat, che aveva visitato la città il 17 aprile 1966, ricevendone le chiavi. Egli dichiarò: “Se fa comodo definire fascista la rivolta dei reggini lo si faccia pure, ma fascista non è”. E ancora: “Se intervengono le truppe a Reggio Calabria, mi dimetto da Capo dello Stato!” Si, perché il governo fece intervenire l’esercito a Reggio, per soffocare la rivolta, così come normalmente si fa nei regimi dittatoriali! E' stata questa la fede nella libertà di Emilio Colombo? E il modello d'Europa che ebbe in mente, che modello era? Del suo modello d'Europa (ahimè) la Calabria, e in maniera più specifica la parte più a sud dello Stivale, non trovò posto. Probabilmente la relegò nel continente africano o asiatico (a seconda da dove svolse il suo sguardo). Infatti, il 12 febbraio 1971 Emilio Colombo consegnò ai reggini il c.d. “pacchetto Colombo”. Egli tentò il tutto per tutto sperando di “addolcire” la popolazione reggina per quello che le aveva tolto, capoluogo e dignità! Assicurava il quel momento il Presidente del Consiglio Colombo: “…l’occupazione realizzabile in provincia di Reggio sarà di 10.200 unità”. Come tutti sanno, il Quinto Centro Siderurgico nella Piana di Gioia Tauro, che avrebbe dovuto occupare 7.500 persone, non è mai stato realizzato, a causa della crisi internazionale nel settore dell’acciaio che già il Governo conosceva. Con i provvedimenti messi in atto da Colombo per la Calabria, nel 1971, nacque la definizione “cattedrali nel deserto” che indicò i grandi insediamenti industriali nelle aree ancora non sviluppate. Il “pacchetto Colombo” fu il danno aggiunto alla beffa: servì ad alcuni industriali per intascare un bel gruzzolo di miliardi di vecchie lire per poi dileguarsi; servì per distruggere zone coltivate e litorali di spiaggia, danneggiando paesaggi turistici di estrema bellezza. Così successe anche a Saline Joniche con la costruzione della Liquichimica, uno stabilimento per la costruzione delle bioproteine sintetiche: la ciminiera alta della fabbrica, che sorge davanti allo Jonio, subito dopo lo stretto di Messina, è il più significativo ed emblematico dei monumenti al fallimento del piano di sviluppo economico della Calabria da parte dell’allora Presidente del Consiglio, oggi senatore a vita della Repubblica, On. Emilio Colombo.

Giovanni Crea

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postato da Anonimo; alle 10:17 PM,

2 Comments:

At 2:06 AM, Anonymous Anonimo said...

...Perché il capoluogo di Regione era e toccava a Reggio Calabria. Questo fatto, inconfutabile, veniva confermato dalle leggi in atto in quel periodo...

Quale droga usate?

 
At 11:46 AM, Anonymous Anonimo said...

Forse l'autore si è espresso male, ma ti ricordo se non lo sai, che di fatto tutti gli uffici regionali, a parte la Corte d'Appello, erano situati a Reggio Calabria, per cui questo ne faceva di fatto il capoluogo. Comunque, al di là di questo, è la storia che parla chiaro sulla importanza della città. Purtroppo siamo stati vittime dei giochi dei politici Catanzaresi e Cosentini che hanno prevalso a discapito dei politicanti Reggini, rei di non sapersi oppore per tempo.

 

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