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L’ultima missione di Franco Fortugno


Son passati 3 mesi dall'uccisione di Franco Fortugno e noi lo vogliamo ricordare con un articolo di Romano Pitaro apparso sul mensile del Consiglio regionale "Calabria" del novembre scorso, che ripercorre l'ultima sua missione, al Columbus Day di New York.
Con le braccia intrecciate, Franco Fortugno sfoggiava quella sera il suo sorriso mite di sempre. Era andato via in taxi in direzione del quartiere Tribeca, assieme a sua moglie, dalla Gran Central Station, dove aveva partecipato al cocktail party della Columbus Foundation e chiacchierato con Larry Auriana, uno dei massimi esperti di borsa a Wall Street e presidente della Foundation. Chissà se il vicepresidente del Consiglio regionale, stanco ma affascinato dalla vivacità di New York, sprofondato in una sedia intorno ad un tavolo del ristorante giapponese Nobu, lui così discreto e restìo ai clamori, immaginava che la sua morte avrebbe scatenato un putiferio. Che sarebbero scesi nel profondo Sud dell’Europa gli inviati di prestigiosi giornali americani, francesi, inglesi. Per saperne di più sul suo assassinio, sulla ‘ndrangheta. Non immaginava, mentre la conversazione spaziava leggera dal prelibato tonno servito con salse peruviane ai nuovi impegni della Regione nella Grande Mela, che lui a New York, città che l’aveva conquistato, non ci sarebbe tornato mai più. Né che la sua morte avrebbe provocato un sommovimento straordinario. Un dibattito in Consiglio regionale. Il sopraggiungere a Reggio Calabria del Presidente della Repubblica. Un dibattito in Parlamento e “il risveglio dei grandi partiti sul caso Calabria”, come ha notato monsignor Bregantini. Dopo il suo assassinio la Calabria non è più la stessa. E il paese la guarda diversamente. Non più terra dove i politici sono collusi , tutti mestatori e chiùpilupetutti. Ma dove l’assassinio di un politico perbene scatena una solidarietà ampia. Interminabile. Ci sono anche politici buoni, anche politici che quando muoiono strappano emozioni nei giovani. Nella gente. E suscitano sdegno. Dolore, commozione, rabbia. Ha detto il sindaco di Locri, Carmine Barbaro: “Adesso siamo tutti arrabbiati!”. La ‘ndrangheta ha visto male. Ha colpito il “politico di ogni giorno”, come è stato definito Fortugno. Quello che non ha agganci mafiosi e non sfoggia l’arroganza del potere. Che parla con la gente e ne incarna le istanze. Ha colpito e provocato una reazione che ha tutta l’aria di essere assai seria. Fortugno può essere il seme morto del Vangelo che produce frutto. L’assassino del vicepresidente del Consiglio ha umanizzato la politica calabrese. Ha fatto vedere al Paese che la politica in Calabria non è soltanto mele marce. E’ anche cortesia, disponibilità. Umanità. Capacità di stare nel Palazzo senza degenerare. In quella serata newyorkese, Fortugno non immaginava che la morte lo stava già spiando. Era pieno di vita, la moglie accanto. Raggiante. La sera prima aveva completato la sua missione all’estero da capo delegazione del Consiglio, cenando assieme al Governatore del West Virginia e ottenendo l’impegno di una visita ad aprile in Calabria di Joe Manchin III. Sembrava un’impresa impossibile incontrare il Governatore, visto che il viaggio aveva subito dei ritardi, ma Fortugno c’era riuscito. Tutto era andato bene. La premiazione dei calabresi illustri di New York, l’accordo con Manchin. La sfilata del Columbus Day: Fortugno aveva voluto che a tutti i costi, per la prima volta, il Consiglio sfilasse con la Giunta. Insieme sulla Fifth Avenue, “perché – diceva – siamo una sola famiglia. E’ un’assurdità fare due cose diverse in una città come New York. Che idea daremmo della Calabria? Immaginava quella sera, mangiando poco perché il sushi non gli andava a genio, il ritorno in Calabria del nipote di uno dei minatori di San Giovanni in Fiore che hanno reso grande l’America e lavorato nella miniera di Monongah. Rideva quando ipotizzavamo un colloquio impossibile fra il nonno Manchin I, calabrese analfabeta dei primi del Novecento, e il nipote, Manchin III, studi in economia e oggi l’uomo politico più importante dello Stato del West Virginia. Cosa si sarebbero raccontati? Rifletteva Fortugno. Non sapeva, abbracciando la moglie e ritornando in albergo sotto la pioggia di New York che, in qualche luogo, qualcuno o più d’uno, avevano deciso la sua condanna a morte. Restava solo da capire dove, come quando. L’idea di rappresentare la Regione all’estero per intrecciare relazioni con le tante “Calabrie” sparse nel mondo lo avvinceva. Non immaginava che un killer l’avrebbe messo fuori gioco pochi giorni dopo il suo rientro in Calabria dagli Stati Uniti. Tolto di mezzo con cinque colpi di pistola. Davanti a tutti e in un seggio elettorale. Nessuno l’immaginava. Fortugno era un politico al di sopra di certe contaminazioni. Perbene. Si dice così di un uomo che non ha rapporti con la mafia e che non sperpera risorse pubbliche. Oggi la sua morte scuote la Calabria fin nelle fibre più remote. Scuote la politica. I calabresi. Suscita polemiche. S’incendiano le coscienze. I giovani scendono in piazza. Scrivono di ‘ndrangheta firme prestigiose sui quotidiani. Si muovono pezzi dello Stato. Prima di partire per gli Stati Uniti ho ciccato il suo nome sulle agenzie di stampa e non è apparsa che una pagina bianca. Ho rifatto la stessa operazione l’altro giorno e Fortugno era presente ovunque. La sua fine l’ha reso celebre, e lui questa celebrità naturalmente non l’ha richiesta. Anche per questo la sua morte ci mette paura. E fa riflettere su chi siamo e chi potremmo diventare. Sul destino che gioca con le nostre carte e sui mutamenti che si hanno quando altri le mischiano a nostra insaputa. Si discuterà tantissimo nei giorni a venire. Fortugno rimarrà indelebile, anche perché l’Aula del Consiglio regionale porterà il suo nome. Ottima scelta. Sicuramente qualcosa accadrà nei prossimi mesi. Lo Stato reagirà. Certamente noi saremo diversi. Anche se, almeno per chi l’ha conosciuto, il sorriso buono di Franco Fortugno, medico ed onorevole cortese, sarà l’assenza che intristirà l’Astronave istituzionale.

postato da Anonimo; alle 6:33 PM,

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