La complicità degli Stati membri dell’Unione europea (Ue) nelle “rendition” (il programma Usa di trasferimenti illegali di prigionieri) dev’essere discussa nel Summit europeo di domani. Lo chiede Amnesty International, sollecitando l’Ue a impegnarsi, in occasione di questo incontro, a porre fine alle “rendition” in Europa. L’organizzazione per i diritti umani ha diffuso oggi il rapporto “Partner in un crimine: il ruolo dell’Europa nelle ‘rendition’ Usa”, in cui descrive il trasferimento illegale di tredici persone nell’ambito di sei operazioni di “rendition” che chiamano in causa sette paesi europei, quattro dei quali membri dell’Ue. Il rapporto analizza i vari livelli di coinvolgimento di questi Stati, evidenziando come essi, in base al diritto internazionale, siano stati complici negli abusi dei diritti umani commessi nell’ambito delle “rendition”. Questa, sottolinea Amnesty International, è una pratica illegale in cui una persona viene arrestata illegalmente e trasferita in segreto in un paese terzo, dove è vittima di altri crimini quali la tortura, i maltrattamenti e la “sparizione”. La denuncia di Amnesty International giunge una settimana dopo la pubblicazione della bozza di un duro rapporto del senatore Dick Marty, relatore dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e segna l’inizio di una campagna dell’organizzazione per i diritti umani per porre fine alle “rendition” in Europa. “Spesso l’Europa si definisce come un punto di riferimento per i diritti umani. La scomoda verità è che senza il suo aiuto, ora un po’ di persone non starebbero cercando di riprendersi dalle torture che hanno subito in prigioni situate in varie parti del mondo” – ha dichiarato Claudio Cordone, Direttore della ricerca di Amnesty International. “Gli Stati europei devono porre fine all’approccio basato sul detto ‘occhio non vede, cuore non duole’ e adottare tutte le misure necessarie per porre fine alla pratica delle ‘rendition’ nel loro territorio”. Inoltre, ha aggiunto Cordone, “gli Stati europei non devono nascondere la propria complicità nel programma Usa delle ‘rendition’ dietro lo schermo dei propri servizi segreti. Alcuni Stati hanno addirittura consegnato persone alla Cia, assumendosi pertanto la responsabilità delle torture e degli altri abusi loro inflitti”. In base al diritto internazionale, gli Stati che facilitano il trasferimento di persone verso paesi in cui è noto, o dovrebbe essere noto, il rischio che queste subiranno gravi abusi dei diritti umani, sono complici di questi stessi abusi. Le singole persone che si rendono complici di sequestri di persona, torture e “sparizioni” dovrebbero essere considerate responsabili sul piano penale. Il programma di “rendition” ha anche messo in luce il fatto che i servizi segreti Usa possono svolgere operazioni coperte in Europa, al di fuori della legge e senza essere chiamati a rendere conto delle proprie azioni. L’Ue deve assicurare lo sviluppo di un quadro di regole che disciplini le attività dei servizi segreti nazionali ed esteri. Macedonia, Bosnia Erzegovina, Turchia, Germania, Italia, Regno Unito e Svezia (questi ultimi quattro, Stati membri dell’Ue) sono coinvolti nei sei casi di “rendition” descritti nel rapporto di Amnesty International. In ciascuno di essi, persone sono state caricate su aerei e trasferite all’estero, senza un giusto processo, verso centri di detenzione dove hanno denunciato di essere state sottoposte a torture o maltrattamenti. Anche se il modo in cui ciascuno dei sette Stati è implicato è diverso – dal permesso di sorvolare lo spazio aereo o usare gli aeroporti alla partecipazione all’arresto, al sequestro di persone e alla loro consegna ai servizi segreti Usa – la loro azione o mancanza di azione contravviene agli obblighi di diritto internazionale. Essi devono essere chiamati a rispondere del proprio comportamento. Il rapporto di Amnesty International si basa su registri di volo, inchieste giornalistiche, dichiarazioni di agenti dell’intelligence, denunce di organizzazioni non governative e indagini della magistratura. Tutte queste fonti fanno suonare sempre più false le affermazioni dei paesi europei riguardo alla mancanza di un loro ruolo nelle “rendition”. “La continua negazione, da parte degli Stati europei, del proprio coinvolgimento nelle ‘rendition’ e la mancanza di qualsiasi significativa risposta da parte dell’Ue, con l’eccezione del Parlamento europeo, rappresentano un grave problema, non solo per la credibilità di questa istituzione ma anche per l’efficacia delle misure anti-terrorismo” – ha commentato Dick Oosting, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Ue. L’organizzazione per i diritti umani chiede al Consiglio d’Europa di continuare a lavorare per fare chiarezza sulla pratica delle “rendition” istituendo una commissione d’inchiesta e per assicurare che ogni carenza legislativa venga affrontata a livello regionale e dei singoli Stati. La Sezione Italiana di Amnesty International ha scritto ieri, martedì 13, al presidente del Consiglio, Romano Prodi, e al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, affermando che “la complicità e le omissioni degli Stati coinvolti, contrarie ai loro obblighi di diritto internazionale e interno, hanno contribuito fortemente a rendere possibili gli abusi connessi a questa prassi illegale e tra tali paesi vi è anche l’Italia”. Il rapporto di Amnesty International sulle “rendition” fa infatti riferimento al rapimento dell’imam egiziano conosciuto con il nome di Abu Omar, da parte di agenti della CIA, evidenziando come, dai molteplici elementi disponibili, appaia inverosimile che tale operazione sia stata svolta senza che alcun pubblico funzionario italiano ne fosse a conoscenza. Amnesty International chiede al governo italiano di contribuire efficacemente a fermare la pratica delle “rendition”, dichiarando pubblicamente tale impegno, avviando inchieste imparziali e accurate e cooperando attivamente alle indagini internazionali e interne già in corso. In particolare, l’organizzazione per i diritti umani chiede che alle autorità italiane di collaborare con la magistratura chiedendo l’estradizione delle persone per cui è stato emanato un mandato di arresto e di fornire alla stessa tutte le informazioni a propria disposizione circa le azioni compiute da agenti della CIA prima, durante e dopo il rapimento di Abu Omar.