La storia dei Mille - Capitolo VII
domenica 8 gennaio 2006
Dunque i due vapori navigarono via verso Piombino.E tutto il 6 e la notte appresso e la mattina del 7, non ebbero incontri. I volontari che a poco a poco si erano messi al posto che ognuno aveva saputo trovarsi, e sopra coperta o sotto nelle sale dei vapori, passavano le ore dormendo, conversando, leggendo. Ma a mezza mattina quelli che stavano sul Lombardo, furono chiamati in coperta, dove dal ponte di comando fu loro letto l'ordine del giorno. Diceva così:
"La missione di questo corpo sarà, come fu, basata sull'abnegazione la più completa davanti alla rigenerazione della patria. I prodi Cacciatori delle Alpi servirono e serviranno il loro paese con la devozione e la disciplina dei migliori militanti, senz'altra speranza, senz'altra pretesa che la soddisfazione della loro intemerata coscienza. Non gradi, non onori, non ricompense allettarono questi bravi; essi si rannicchiarono nella modestia della vita privata, allorché scomparve il pericolo; suonando l'ora della pugna, l'Italia li rivede ancora in prima fila, ilari, volenterosi, e pronti a versare il sangue loro per essa. Il grido di guerra dei Cacciatori delle Alpi è lo stesso che rimbombò sulle sponde del Ticino, or sono dodici mesi: 'Italia e Vittorio Emanuele', e questo grido pronunciato da voi metterà spavento ai nemici d'Italia."
Quella lettura destò qualche mormorio qua e là tra le gente del Lombardo; ma la nobiltà dei certe frasi e il nome del Generale che le parlava, imponevano silenzio ad ogni passione. Il motto 'Italia e Vittorio Emanuele' scontentava moltissimi, i quali, repubblicani di fede, non avrebbero voluto sentirsi legare da quelle parole. Ma non vi furono gravi rimostranze. A quell'ora stessa, lo stesso ordine del giorno era letto sul Piemonte e vi faceva lo stesso effetto.
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postato da Bernardino F.L. Cardenas; alle 8:21 PM,