Il tour di Emanuele Filiberto suscita ancora polemicheUn giovanotto dai "magnanimi lombi" ha attraversato in questi ultimi giorni le strade della nostra Calabria, in una specie di visita ufficiale che ha mobilitato sindaci e vescovi, prefetti e questori, scuole e municipi.
Il suo nome è Emanuele Filiberto, figlio di quel tal Vittorio Emanuele noto alle cronache mondane ed ai palazzi di Giustizia, che qualche anno fa all'isola di Cavallo, in Corsica, uccise un ragazzo tedesco che nuotava nei pressi della sua barca.
Il giovanotto è anche nipote del "re di maggio" e pronipote di quel Savoia "sciaboletta" che favorì l'avvento alla dittatura fascista e che dinanzi al pericolo scappò dall'Italia portandosi dietro il patrimonio regale che andò a sommarsi a tutto ciò era stato già portato all'estero, dal Portogallo alla Svizzera.
Egli ha al suo attivo l'essere tifoso della Juventus, essere un bel ragazzo dagli occhi azzurri, avere una fortuna accumulata dai suoi regali antenati.
Il giovanotto "erede" di tanta gloria è stato accolto in pompa magna da vescovi e sindaci, ha visitato municipi e scuole, ha ricevuto targhe ricordo, si è cimentato con la storia patria falsandola, ha osannato ai suoi antenati, ha offeso la Repubblica ma è stato scortato dalla Polizia di Stato. E' stato uno spettacolo veramente indecoroso che ha offeso tutti coloro che nella qualità di pubblici ufficiali eletti dal popolo italiano si sono fatti coinvolgere in questa squallida operazione mediatica ma anche politica.
Ma ha offeso principalmente la dignità e l'intelligenza di tutto il popolo calabrese.
Il giovanotto, che gira per conto di una sua associazione privata, non ha titolo ad essere ricevuto da sindaci, a recarsi nelle scuole della Repubblica, ad essere scortato dalla Polizia, ad essere accolto nei Consigli comunali.
Che qualche vescovo lo riceva in cattedrale, anche perchè egli dichiara di essere contrario ai Dico e quindi porta acqua al mulino della battaglia aperta dalla Chiesa cattolica contro il nostro Parlamento, è fatto del tutto privato che non interessa le pubbliche autorità delo Stato.
Che qualche nostalgico della monarchia lo riceva nei suoi salotti dorati considerandolo il "principino" e salutandolo come "aspirante al trono", o che un nugolo di ricche signore di provincia ingioiellate credono di vivere una giornata di gloria stringendogli la mano, sono fatti che ci fanno sorridere ma non producono alcuno effetto sul funzionamento delle regole della nostra democrazia, nè sulle finanze pubbliche.
Non così invece quando un sindaco, nella sua qualità di pubblico ufficiale di governo, si reca dal giovanotto a rendergli omaggio, ad offrirgli riconoscimenti, a riceverlo in luoghi pubblici utilizzando risorse finanziarie, magari imputate, non so con quanto rispetto della legge, sul quel capitolo "spese di rappresentanza" chje contiene soldi pagati dai cittadini con le tasse, o anche semplicemente usando il suo tempo istituzionale, retribuito, per omaggiare il rampollo anzichè per risovere i problemi della gente.
Nè si capisce a che titolo la Polizia di Stato possa impegnare suoi uomini e mezzi per scortare il giovanotto, che non è null'altro che un cittadino qualsiasi, fino a pochi anni addietro persino privo del diritto di cittadinanza italiana grazie a quella XIII disposizione finale della nostra Costituzione che recitava "I membri ed i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici nè cariche elettive. Agli ex re di Savoia ed ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso ed il soggiorno nel territorio italiano".
Anche se questa parte della XIII disposizione è stata abrogata non è stato certamente reintrodotto un qualche privilegio regale per i signori che discendono da Casa Savoia i quali perciò sono soltanto cittadini come tutti gli altri e per i quali però resta in vigore la restante parte della predetta disposizione transitoria che recita "I beni, esistenti sul territorio nazionale, degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei discendenti maschi, sono avocati dallo Stato.
I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, avvenuti dopo il 2 giugno del 1946, sono nulli".
Segno inequivoco di una scelta dello Stato repubblicano che tante "autorità" civili della nostra Regione hanno colpevolmente rimosso.
Il giovanotto, peraltro, ha spudoratamente offeso le nostre istituzioni dicendo 2Certo, una Repubblica nata col broglio del 1946 non so quanto valore abbia".
Bastava questa spudorata ed arrogante bugia per convincere chiunque rappresenti la Repubblica a prender le distanze dal personaggio.
Perchè non si può consentire a nessun pivello reale di offendere impunemente milioni di italiani che hanno combattuto contro la dittatura per costruire una Repubblica democratica che oggi garantisce anche agli ignoranti di parlare liberamente.
Bisognava che qualcuno redarguisse il giovanotto ricordandogli che il 2 giugno del 1946 i voti per la Repubblica furono 12.672.747 e quelli per la Monarchia furono 10.688.905, ricordandogli ancora che la Repubblica è nata anche grazie al sacrificio di 76.000 partigiani che nessun erede del re fuggiasco ed imbelle ha il diritto di offendere.
Invece questo non è avvenuto e le nostre istituzioni, che si sono fatte strumentalizzare da un'operazione politica reazionaria da Stato monarchico, hanno offerto ancora una volta uno spettacolo veramente indecoroso.
Alfonso Lorelli
(Tratto da "Calabria Ora")
Nella foto Emanuele Filiberto di Savoia
Etichette: Cronaca, In Calabria, Politica
postato da Miguel Cervantes; alle 7:24 PM,
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