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La centrale a Saline proposta irricevibile

La proposta del consigliere di amministrazione della Sei Spa, dottor Luca Poggiali, di costruire una centrale termoelettrica a carbone nell'ex sito Liquichimica di Saline Joniche non è ricevibile non solo, a mio modesto parere, per democratico rispetto del netto diniego del Consiglio regionale, dei sindaci, della Cgil e delle associazioni ambientaliste contrari all'impiego del carbone, bensì anche per altre importanti motivazioni.
In premessa bisogna prendere atto che le previsioni della produzione dell'energia elettrica del Pear (Piano energetico anbientale regionale) approvato dal Consiglio regionale nel marzo del 2005 sono completamente saltate. Difatti le proiezioni al 2010 del Pear stimavano la richiesta regionale di energia elettrica pari a 7,5 TWh/anno (1 terawattore uguale ad 1 miliardo di Kiliwattore) con il sostanziale pareggio della produzione netta, destinata ai consumi delle utenze regionali, delle esistenti centrali idroelettriche e della centrale termoelettrica di Rossano.
Invece nel 2010 si registrerà la seguente condizione: con la già avvenuta entrata in esercizio della centrale termoelettrica da 800 MW di Altomonte (CS), della prossima entrata in esercizio della centrale di Simeri Crichi di 800 MW (CZ) e della costruenda centrale da 800 MW di Scandale (KR), tutte e tre a ciclo combinato a metano e regolarmente autorizzate dai governi nazionale e regionale (costo complessivo degli impianti, compreso gli elettrodotti e le stazioni primarie, 1,5 miliardi di euro), delle centrali biomasse a cippato legnoso già in esercizio in provincia di Crotone, dei parchi eolici che marciano, con il consenso e l'autorizzazione di molte amministrazioni comunali e della regione, verso la copertura delle potenzialità della regione di 2000 MW (leggi Pear), la centrale termodinamica solare da 50 MW nel crotonese (decisa dal ministro dell'Ambiente dopo la proposta del nobel Rubbia), l'utilizzazione dell'idroelettrico minore (nella regione si possono ripristinare ben 40 centraline dismesse), il fotovoltaico civile diffuso nella regione più baciata dal sole del Mediterraneo e le biomasse con l'agroenergia, non è azzardato prevedere sommando ai 7,5 TWh/anno già indicati i nuovi stimati 18,5 TWh/anno e, quindi l'imponente produzione di 26 TWh/anno.
Insomma un surplus di 18,5 TWh/anno che verrà trasportato con gli elettrodotti a 380 mila KV, esistenti ed in corso di completamento con la lunga tratta Rizziconi-Laino Borgo, nelle regioni fortemente deficitarie della Basilicata, della Campania ed Abruzzo.
In definitiva la Calabria, sarà per la produzione di energia elettrica tra le prime regioni del Paese.
In conclusione a buon diritto i calabresi e le Istituzioni adesso dicono basta ad altre centrali termoelettriche ed a nuovi elettrodotti a 380 mila KV nel suo territorio.
Infine consiglio alla giunta regionale e al presidente Loiero di chiedere al ministro delle attività produttive On. Luigi Bersani una riunione per concertare le doverose ricadute industriali di questa importante mole di opere produttive a favore del Mezzogiorno.
Domenico Menniti
(Ex segretario regionale Cgil Energia)
(Tratto dal "Quotidiano della Calabria")

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postato da Miguel Cervantes; alle 10:51 PM,

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