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Il "sacco" dei rifiuti

Le società miste: storia di un fallimento milionario
Cosa succede in Calabria a chi fallisce un obiettivo? Se è un dirigente può capitare che venga promosso. Se è una società mista e si occupa di rifiuti, può vedersi arrivare, serviti su un piatto d'argento, diversi milioni di euro.
Basta fissare una quota da raggiungere per la raccolta differenziata, mancarla clamorosamente di diversi punti percentuali e il gioco è fatto: il commissario per l'emergenza ambientale è pronto ad elargire un pò di milioni per migliorare il servizio, invece di sancirne il fallimento e riorganizzare il sistema.
La storia della pre-emergenza ambientale in Calabria parte da lontano, ed è il racconto di inadempienze e mancati controlli.
Comincia tutto con il decreto Ronchi, il 5 febbraio 1997. E' la madre di tutte le circolari: fissa gli obiettivi della raccolta differenziata (quella che potrebbe sgravare le discariche ed evitare il ricorso forzato agli inceneritori, accontentando gli ambientalisti), definisce i tempi, le percentuali, le competenze.
Di più: stabilisce vantaggi per i Comuni che saranno in regola e penali per quelli inadempienti, cioè la sostituzione alla gestione del servizio.
Il primo obiettivo fissato è il 15% di raccolta differenziata entro il 31 marzo 1999.
I Comuni calabresi, al 31 dicembre dello stesso anno, arrivano a mala pena al 3%.
E' il momento dell'insediamento del commissario delegato per l'emergenza ambientale.
Il primo atto è quello di sostituire (badate bene) i 409 Comuni calabresi inadempienti. Il secondo quello di riorganizzare il sistema della raccolta su base regionale.
Nascono undici società miste, che si affiancano alle tre già esistenti. Una per ciascuno dei sottoambiti, tutte a prevalente capitale pubblico.
Dovrebbero costituire il futuro del sistema integrato dei rifiuti, portando efficienza (e una gestione di tipo aziendale) al posto dei ritardi "caratteristici" del servizio pubblico.
Passano quattro anni e all'obiettivo, francamente complicato da raggiungere con certe basi di partenza, non ci si avvicina neppure.
La raccolta differenziata, quella della frazione secca più quella umida, dovrebbe essere arrivata al 35% del totale.
L'ufficio del commissario fa i conti sulla base dei dati forniti dalle amministrazioni comunali e salta fuori un numero a dir poco sconfortante: la raccolta è ferma al 12%.
Il fallimento è piuttosto netto, come era stato per i Comuni nel 1999.
Questa volta, però, il commissario non minaccia sanzioni. E neppure le applica. L'insuccesso viene in qualche modo spiegato e si decide di andare avanti, rilanciando l'opera delle quattordici società miste che operano sul territorio.
Finisce alla calabrese: nessuno si prende una multa per lo scarso servizio reso all'ambiente.
E fin quì ci può stare: quello che suona un pò strano è il fatto che l'insuccesso porti invece ad un premio per le società di raccolta.
Per loro arrivano milioni "freschi" e la possibilità di provvedere a qualche centinaio di assunzioni.
E' una soluzione comoda per tutti: per le aziende, che possono riorganizzarsi e contare su nuove risorse, è un affare sicuro. E forse lo è anche per la politica, che può continuare a gestire a propria discrezione i consigli di amministrazione delle "miste" e contare, dicono i maligni, su nuovi bacini elettorali.
Bisogna correre ai ripari, perchè "le condizioni climatiche della regione impongono una frequenza giornaliera di raccolta".
Cosa vorrà dire, che in Calabria piove troppo e quindi i camion dell'immondizia non riescono a portare a termine il loro lavoro?
Pablo Petrasso
(Tratto da "Calabria Ora")

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postato da Miguel Cervantes; alle 7:23 PM,

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