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L’attacco alla mafia dell'ex Sindaco di Sinopoli Domenico Luppino


Domenico Luppino, il Sindaco di Sinopoli, è stato costretto a lasciare la carica per le improvvise dimissioni di sette dei dodici consiglieri, sei di maggioranza tra cui l’ex vice sindaco e due assessori, ed uno di minoranza. L'ormai ex Sindaco ha dichiarato a caldo: ” La cosa che mi soddisfa è che si è trattato di dimissioni non mie ma dei consiglieri. Io ho mantenuto fede fino in fondo alla volontà del popolo che mi ha eletto”. Malgrado gli innumerevoli attentati che è stato costretto a subire dalla mano mafiosa. Ma non è il tipo che se ne sta con le mani in mano. Affonda i colpi contro la ‘ndrangheta in modo deciso. Non gli piace giocare in difesa, ma all’attacco. Commentando una recente intervista rilasciata al TG3 regionale da Domenico Crea, il consigliere regionale subentrato a Francesco Fortugno, il quale, parlando della situazione in Calabria a seguito del delitto di Locri, aveva affermato di “non essere un mafioso ma nemmeno un eroe”, l’ex Sindaco ha esclamato: ” Sentire certe dichiarazioni in televisione mi ha fatto vergognare di essere calabrese. Quelle parole sono inaccettabili, inaudite, nell’attuale contesto della provincia reggina”. Luppino è intervenuto ad un dibattito promosso a Cinquefrondi dalla sezione locale dei Comunisti italiani, sul tema “Il caso Calabria è un caso nazionale”. L’intervento dell’ex Sindaco è stato molto applaudito dal pubblico presente in sala. Ma l’ex amministratore di Sinopoli non si è fermato a queste dichiarazioni, ha scaldato la platea con altre al peperoncino. Ha affermato che nella sua amministrazione vi era un clima di paura dopo gli atti intimidatori che lui stesso ha ricevuto, affermando che “i suoi consiglieri si sono dimessi per problemi familiari, ma non si sa ancora di quale famiglia, però”. Luppino ha detto senza fronzoli che era diventato scomodo, perché aveva sottratto 60 giovani alla manovalanza mafiosa creando una cooperativa agricola a sino poli e perché aveva svolto un’azione contro gli sprechi amministrativi. “L’unica cosa ottenuta in tanti anni di denunce delle truffe - ha proseguito Luppino - è stata un controllo a casa da parte della Guardia di Finanza”. Dello strapotere della ‘ndrangheta oggetto della discussione, i Comunisti italiani, per bocca dell’assessore regionale Michelangelo Tripodi e del segretario di sezione Giuseppe Longo, hanno fornito i rimedi: più Stato, più istruzione, più prospettive per i giovani, più sostegno alle persone oneste e meno connivenze mafia-politica, meno indifferenza. I Comunisti italiani hanno rilanciato il tema delle confische ai beni della mafia, accusando il governo di Berlusconi di aver abbassato la guardia su questo punto. E’ intervenuta al dibattito anche la signora Vladimira Varì, la cui azienda è da anni nel mirino del racket: ”Oltre 300 centri commerciali esistenti in Calabria per un bacino d’utenza di appena 2 milioni di abitanti, avrebbero dovuto mettere in allarme da tempo chi indaga su mafia e imprenditoria, e c’è voluto un morto eccellente per far riaccendere i riflettori su questa regione”. Presente l’On. Marco Minniti, membro della commissione nazionale antimafia che ha rilanciato l’idea di spostare al Sud le basi militari, per utilizzare queste forze per il controllo del territorio e dare così anche un segnale alle popolazioni. “I giovani che scelgono la carriera militare sono un modello positivo se rimangono nella loro terra, altrimenti sono solo emigranti costretti ad andare a lavorare a Udine e a Pordenone”, ha concluso il deputato dei DS.

postato da Anonimo; alle 7:33 PM,

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