SALINE: UN NUOVO SCENARIO DALLE CENERI DI UN FALLIMENTO
sabato 22 settembre 2007
LE TAPPE DI UN FALLIMENTO
Saline Ioniche, a livello nazionale, rappresenta soprattutto il simbolo del clamoroso fallimento del disegno industrializzazione forzata della Calabria. E’ a tutti nota la vicenda vergognosa della Chimica Biosintesi, andata avanti penosamente per oltre trent’anni: lo stabilimento industriale avviato nel 1972 dal gruppo Liquichimica di Urini, su una superficie totale di 630 mq ed una dotazione di reti infrastrutturali, con un grande porto di servizio è morto sul nascere. Avrebbe dovuto produrre soprattutto bioproteine ma non è mai praticamente entrato in produzione ( solo sette mesi di attività) per la mancanza dell’autorizzazione del Ministero della Sanità, a causa della presunta cancerogenità dei suoi prodotti. L’industria ha occupato inizialmente fino a 405 unità lavorative, un numero di addetti poi progressivamente ridotto nel tempo, praticamente da sempre in Cassa integrazione guadagni, a parte un piccolo numero di lavoratori addetti alla manutenzione e alla guardiania degli impianti.Attualmente sono una decina gli “ultimi moicani” Nel tempo si sono sempre annunciati progetti di reindustrializzazione, puntualmente falliti. Nel tempo si sono sempre annunciati progetti di reindustrializzazione, puntualmente falliti. Negli anni novanta (1997), le strutture della Liquichimica sono state acquistate dal consorzio di imprenditori SIPI (Saline Ioniche Progetto Integrato, al prezzo di realizzo di circa 7 miliardi di vecchie lire Ma neanche questi nuovi proprietari, come già l’Enichem, riescono ad avviare il tanto strombazzato processo di deindustrializzazione. Sul campo restano solo idee: per esempio la riattivazione della centrale termoelettrica o il funzionamento del megadepuratore come servizio per i paesi dell’hinterland. Intanto, all’interno dell’impianto, si susseguono furti e saccheggi. Il responsabile della SIPI, Giovanni Zino, denuncia il ”profondo abbandono dello Stato a fronte di pressioni criminali,ingerenze esterne,innumerevoli ostacoli burocratici”. Ad inizio del 2004 si pone fine alla farsa: si smantella. Le apparecchiature ed i macchinari vengono, adeguatamente rivalutati, messi in vendita sul mercato dell’”usato industriale sicuro”. A curare il tutto viene chiamata la “Demont”, l’azienda specializzata con sede a Venezia-Mestre, che in precedenza si è occupata anche della demolizione degli impianti delle vecchie acciaierie di Terni. Ma non è ancora finita. A metà marzo 2004 i carabinieri del NOE irrompono nel sito industriale e sottopongono a sequestro preventivo l’intera area industriale della SIPI, in esecuzione di un provvedimento della Magistratura. Motivazione: l’accertata, elevata presenza di una enorme quantità di amianto, in evidente stato di friabilità, parte del quale stoccato all’aperto, sopra sacchi di farina fossile ed abbandonato al vento e alle intemperie. Successivamente l’area verrà dissequestrata, mentre l’inchiesta prosegue.
IL PORTO DI SALINE
Il porto di Saline concepito come porto funzionale all’area industriale, fu ultimato, seppure in forma ridimensionata rispetto al progetto originario, alla fine degli anni settanta. Abbraccia uno specchio d’acqua di 137 mila metri quadri ed è costituito da due moli per una larghezza complessiva di mt 840 e da una darsena con fondali di metri otto. Praticamente non è stato mai utilizzato, se non molto parzialmente. L’approdo, peraltro, è rimasto spesso insabbiato. La sua costruzione ha contribuito ad alterare la natura di un ampio tratto di litorale. I pescatori della zona hanno da sempre sollevato dubbi sulla conformazione dell’opera rispetto alle correnti.Ad inizio dicembre del 2003 il porto è ad un passo dall’essere cancellato dalle mappe nautiche:il molo di sottoflutto viene travolto e spazzato via dalle potenti onde marine sospinte da un forte vento di scirocco. Una striscia di cemento di circa cinquanta metri viene staccato e inghiottito dall’acqua. Piove sul bagnato.
LE OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI
Sempre a Saline un altro clamoroso fallimento è stato quello delle Officine Grandi Riparazioni che
tante aspettative produttive e occupazionali aveva suscitato ma che ,ormai, sembra destinato allo smantellamento in mancanza di soluzioni percorribili o per meglio dire di volontà politica. Sorto nella seconda metà degli anni ottanta, ha comportato un investimento iniziale di circa 300 miliardi.Specializzato nella riparazione di locomotori elettrici è diventato inattivo causa la mancanza di commesse di lavoro da parte delle Ferrovie dello Stato.Residuale il numero di lavoratori attuale, peraltro in cassa integrazione guadagni, dei 1200 previsti inizialmente.
A cinquanta metri di profondità , nel tratto di mare prospiciente Saline Ioniche giace, con la prora rivolta a terra a circa venti metri di profondità la poppa verso il mare aperto a circa
Saline, che è stato per tanti anni simbolo negativo di scelte miopi e di investimenti fallimenti, può oggi diventare simbolo positivo di uno sviluppo rispettoso della storia e del senso dei luoghi, capace di creare “buona” economia e lavoro pulito e di qualità. Una sorta di ricucitura rispetto allo strappo della memoria, di riconciliazione storica tra l’uomo e la natura. C’è questo sogno racchiuso nella proposta che Legambiente avanza. Nasce dalla constatazione delle rilevanti specificità e potenzialità ambientali, territoriali storico-paesaggistiche e culturali che l’area, nonostante gli scempi, possiede. La bellezza del litorale, il fascino irresistibile di Pentadattilo, il paese delle “cinque dita”, che è qui a due passi, le piantagioni di bergamotto, i luoghi segnati dalla avventura garibaldina, i riti e i miti, la vivacità dei giovani che hanno voglia di fare: sono solo l’annuncio di un progetto più ampio tutto da costruire. La “cattiva” industrializzazione, prima che un investimento rivelatosi fallimentare sul piano economico ed occupazionale, è stato un atto di violenza proprio rispetto alla natura dei luoghi, un tradimento della predisposizione di un’area, un incidere negativamente sul suo dna. Per questo oggi crediamo che ogni nuova ripartenza non può che poggiare sull’interrogare i luoghi e gli abitanti, assecondandone le vocazioni e le attese per troppo tempo sopite.
IL PARCO MARINO LAURA C
L’ISTITUZIONE DELLE AREE MARINE PROTETTE
Le aree marine protette sono istituite ai sensi della legge n. 979 del 1982 ( Disposizioni per la difesa del mare), dalla legge quadro n. 394 del 1991, e con Decreto Interministeriale, che contiene la denominazione e la delimitazione di ciascuna area, gli obiettivi e la disciplina di tutela cui è finalizzata la protezione. Sono costituite da ambienti marini, dati dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geo-morfologiche, fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere e per l'importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed economica che rivestono. In particolare in ogni area vengono individuate tre zone a diverso grado di tutela, per ciascuna delle quali sono previste e regolate le diverse attività legate al mare. Ad oggi, in Italia, le aree marine protette istituite ai sensi delle citate leggi sono 20 (vedi cartina) e tutelano complessivamente circa 184 mila ettari di mare e circa
PARCHI MARINI: UNA PROSPETTIVA PER
Per il turismo tanto invocato e la valorizzazione ambientale tanto declamata, la costituzione di parchi marini e aree protette può essere una grande occasione, anche perché per il turista subacqueo la nostra regione può rappresentare una vera scoperta. Oltre che, infatti, “terra delle grandi sorprese”, per riprendere la definizione del noto “archeologo del piccone” Orsi, essa è senza dubbio anche “mare dalle grandi sorprese” Un vero paradiso sommerso che presenta grandi “vantaggi competitivi” rispetto alle mete tradizionali dei sub ( Mar Rosso e Maldive): si trova in Italia, quindi è una meta facilmente raggiungibile e relativamente economica; inoltre presenta una varietà di richiami unici (dallo Ionio al Tirreno e allo Stretto), si integra perfettamente con altre forme di turismo, a partire da quello culturale. Il parco Laura C potrebbe “fare sistema” con la città di Reggio Calabria ma anche con il Parco nazionale d’Aspromonte,
Noi vogliamo che, a partire da subito, quel tratto di mare possa tornare ad essere meta di quel turismo perduto. E’ questo il senso della richiesta di autorizzazione presentata alla Capitaneria dal responsabile mare del nucleo subacqueo di Protezione Civile Scuba Point, che fa riferimento a Legambiente: intervento di pulitura del relitto dai molteplici residui di reti e di cime impigliate insieme ad un monitoraggio documentale per mezzo di apparecchiature video subacquee, al fine di poter valutare le condizioni ambientali del relitto alla data odierna. Questa attività sarebbe preziosa per rilevare eventuali cedimenti strutturali tali da rendere vano il lavoro di cementificazione e messa in sicurezza eseguito. Scoraggiante la risposta della Capitaneria: ”Non si ravvisano allo stato attuale interessi pubblici o privati prevalenti, che consentono di derogare ai suddetti divieti al precipuo scopo della tutela e prevenzione del superiore interesse della pubblica e privata incolumità, rispetto al quale la pulizia della motonave, al fine ultimo del monitoraggio ambientale della stessa, non può che degradare al rango di interesse meramente ludico-sportivo, al quale non si può derogare. Né, d'altro canto, può dirsi che l'attività di pulizia di quel sito, che non sia fine a se stessa bensì preordinata al conseguimento di ulteriori eventuali scopi meritevoli di tutela, sia stata richiesta a codesta associazione da taluna Amministrazione Pubblica o Ente Privato riconosciuto, depositario della funzione di tutela di quegli ulteriori eventuali scopi, cui si faceva cenno”. Una risposta da noi giudicata poco convincente. Forse però anche la nostra proposta si presentava un poco fragile tanto da apparire velleitaria. Per questo abbiamo lavorato ad approfondire la questione e a dare al nostro progetto contorni e caratteristiche più definiti. Per esempio abbiamo pensato ad un coinvolgimento del Dipartimento Nazionale Protezione Civile con cui strettamente la nostra Associazione collabora e abbiamo avviato nuovi positivi contatti con
L’OASI FAUNISTICA “LAGHETTO DI SALINE” SITO DI INTERESSE COMUNITARIO
Sicuramente da inserire organicamente all’interno del parco marino, che può avere una proiezione terrestre, è il così detto Laghetto di Saline. Si tratta - come è scritto nei documenti ufficiali del Ministero dell’Ambiente - di una importantissima zona umida costiera per l’avifauna migratoria che risale la penisola italiana e vi sosta. E’ questa peraltro l’unica zona umida nella Calabria meridionale. All’eccezionale valore fa da contrappunto l’alto grado di vulnerabilità. Il laghetto è infatti ubicato proprio all’interno dell’area industriale. Già una parte di esso venne a suo tempo sacrificato sull’altare del sogno industriale. Il rischio di un suo interramento incombe, nonostante l’appassionata campagna di sensibilizzazione degli ambientalisti. Il Comune di Montebello, di cui Saline fa parte, aveva ottenuto circa quattro anni fa dalla Regione i primi 150 milioni di vecchie lire per realizzare le prime azioni sull’area, individuata anche quale oasi di protezione della fauna sulla base della legge regionale 9 del 1996. La gestione del Sic - non essendoci stata alcuna specifica indicazione della Regione - dipende dalla
RILANCIARE LE OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI
Deve diventare un punto qualificante dell’azione di discontinuità della nuova classe dirigente governativa nazionale e regionale in coerenza con gli annunci in campagna elettorale. Un rovello ed una scommessa su cui puntare per le ricadute concrete in termini occupazionali ed economiche ma anche per il carattere evocativo che il rilancio di una industria “pulita” e “possibile”, legata al sistema di trasporto sostenibile, collocata nel Mezzogiorno, produrrebbe.
E’ il punto decisivo e più importante della nostra proposta. Bisogna rinunciare definitivamente ad evocare fantasmi e bisogna schiudere uno scenario nuovo. Vanno programmati nell’area una serie coordinata di investimenti nel settore turistico legato al mare e alla sua cultura, ma anche alle risorse del territorio. Il tutto dovrà scaturire da una concertazione tra il Pubblico(Regione, Provincia, Comune, Ministero dell’Ambiente) ed i privati, a partire dalla SIPI che dell’area è proprietaria. Insieme alle organizzazioni sindacali e sociali. Parte dell’area può essere utilizzato come giardino botanico capace di raccogliere le specie più significative del Mediterraneo. Altri lotti possono diventare parco giochi e centri di impiantistica sportiva. Una straordinaria opportunità è quella di utilizzare alcune delle strutture e dei silos industriali per realizzare un parco per le energie alternative che serva come luogo di produzione ma soprattutto di sperimentazione delle varie applicazioni tecnologiche che la ricerca avanzata in questo campo propone. Tale iniziativa darebbe l’opportunità di un coinvolgimento dei centri di ricerca, delle imprese, delle Università. Non va trascurato il significato che ne deriverebbe sul piano culturale Lo stesso parco giochi potrebbe avvalersi dell’utilizzo delle fonti energetiche attraverso la realizzazione di attrattive capaci di abbinare divertimento a educazione scientifica ed ambientale. Un’idea suggestiva, in cui crediamo molto, è quella di convogliare capitale privato e pubblico per realizzare a Saline l’Acquario del Sud, ispirandosi alla esperienza dell’Acquario di Genova. Affiancato ad esso un Museo di Biologia Marina. Naturalmente fondamentale diventerebbe la ricostruzione di un rapporto “dolce” con il litorale e la saldatura con la rete di piste ciclabili che da Saline può portare ben oltre Melito e di cui una parte è stata già progettata. Il tutto dovrebbe essere completato da un corollario di strutture e servizi a scarso impatto. Il porto va ricostruito nella sua struttura ed utilizzato prioritariamente come porto turistico, collegandolo ad una rete di approdi, in modo da favorire gli scambi. Le infrastrutture hanno già un grado di predisposizione per la nuova funzione: si tratta soltanto di organizzarle. La nautica da diporto offre possibilità occupazionali considerevoli. La fruibilità turistica del porto metterebbe in circuito le località affascinanti della ionica, a partire della perla straordinaria e preziosa Pentidattilo. Naturalmente, condizione primaria perché il progetto di rilancio di Saline, del suo territorio e del suo mare, è quella di fermare gli scempi annunciati. Bisogna vigilare e contrastare i numerosi progetti devastanti che, a Saline come altrove, si presentano e si rappresentano come progetti al servizio dello sviluppo turistico e nella realtà invece sono progetti devastanti a grande impatto ambientale e a scarsa ricaduta sociale che andrebbero a stravolgere ulteriormente il territorio costiero ionico piuttosto che valorizzarlo.
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postato da Bernardino F.L. Cardenas; alle 12:54 PM,