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MATURITà 2009: SECONDA PROVA -LATINO- , ecco la traduzione

Ore 8:32: Secondo prime indiscrezioni pare che la versione della seconda prova di latino sia di Cicerone, a prestissimo per aggiornamenti.

8:35: ecco versione e traduzione della seconda prova di Latino:

CICERONE: CLEMENZA E SEVERITA'

Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia. In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur ne si irascamur aut intempestive accedentibus aut impudenter rogantibus in morositatem inutilem et odiosam incidamus et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia ut adhibeatur rei publicae causa severitas sine qua administrari civitas non potest. omnis autem et animadversio et castigatio contumelia vacare debet neque ad eius qui punitur aliquem aut verbis castigat sed ad rei publicae utilitatem referri.

Traduzione:

Non bisogna dare ascolto a coloro i quali credono che dobbiamo adirarci fieramente coi nostri nemici e anzi vedono appunto nell'adirarsi il carattere distintivo dell'uomo magnanimo e forte: no la virtù più bella la virtù più degna di un uomo grande e nobile è la mitezza e la clemenza. Negli Stati liberi ove regna l'eguaglianza del diritto bisogna anche dare prova di una certa arrendevolezza e di quella che è solita chiamarsi padronanza di sé per non incorrere nella taccia di inutile e odiosa scontrosità se ci accada di adirarci con ímportuni visitatori o con sfrontati sollecitatori. E tuttavia la mite e mansueta clemenza merita lode solo a patto che per il bene superiore dello Stato si adoperi anche la severità senza la qualenessun governo è possibile. Ogni punizione e ogni rimprovero però devono essere privi di offesa e mirare non alla soddisfazione di colui che punisce o rimprovera ma solo al vantaggio dello Stato.

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postato da Anonimo; alle 9:00 AM,

1 Comments:

At 10:24 AM, Anonymous Anonimo said...

Titolo: Clemenza e Severità
[88] Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius, nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia. In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur, ne si irascamur aut intempestive accedentibus aut impudenter rogantibus in morositatem inutilem et odiosam incidamus et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia, ut adhibeatur rei publicae causa severitas, sine qua administrari civitas non potest. omnis autem et animadversio et castigatio contumelia vacare debet neque ad eius, qui punitur aliquem aut verbis castigat, sed ad rei publicae utilitatem referri.
[89] Cavendum est etiam ne maior poena quam culpa sit et ne isdem de causis alii plectantur, alii ne appellentur quidem. prohibenda autem maxime est ira puniendo; numquam enim iratus qui accedet ad poenam mediocritatem illam tenebit, quae est inter nimium et parum, quae placet Peripateticis et recte placet, modo ne laudarent iracundiam et dicerent utiliter a natura datam. Illa vero omnibus in rebus repudianda est optandumque, ut ii, qui praesunt rei publicae, legum similes sint, quae ad puniendum non iracundia, sed aequitate ducuntur.

Traduzione:
88. Non bisogna dare ascolto a coloro i quali credono che dobbiamo adirarci fieramente coi nostri nemici, e anzi vedono appunto nell'adirarsi il carattere distintivo dell'uomo magnanimo e forte: no, la virtù più bella, la virtu più degna di un uomo grande e nobile è la mitezza e la clemenza. Negli Stati liberi, ove regna l'eguaglianza del diritto, bisogna anche dare prova di una certa arrendevolezza, e di quella che è solita chiamarsi padronanza di sé, per non incorrere nella taccia di inutile e odiosa scontrosità, se ci accada di adirarci con importuni visitatori o con sfrontati sollecitatori. E tuttavia la mite e mansueta clemenza merita lode solo a patto che, per il bene superiore dello Stato, si adoperi anche la severità, senza la qualenessun governo é possibile. Ogni punizione e ogni rimprovero, però, devono essere privi di offesa, e mirare, non alla soddisfazione di colui che punisce o rimprovera, ma solo al vantaggio dello Stato.
89. Bisogna anche badare che la pena non sia maggiore della colpa, e non avvenga che, per le medesime ragioni, alcuni siano duramente colpiti, altri neppure richiamati al dovere. Soprattutto è da evitare la collera nell'atto stesso del punire: chi si accinge al castigo in preda alla collera, non terrà mai quella giusta via di mezzo, che corre fra il troppo e il poco, via che piace tanto ai Peripatetici, e piace a ragione, solo che poi non dovrebbero lodare l'ira, dicendo che essa è un utile dono della natura. No, l'ira è da tenere lontana in tutte le cose, e bisogna far voti che i reggitori dello Stato assomiglino alle leggi, le quali sono spinte a punire non per impeto d'ira, ma per dovere di giustizia.

 

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