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Dove osano i giovani

Locri, i protagonisti della sfida alla ‘ndrangheta

Così ha titolato la giornalista del settimanale Famiglia Cristiana Barbara Carazzolo nel suo articolo di attualità sulla mafia uscito nel settimanale n°47/2005.
Scrive la giornalista: “Non c’era mai stata, nella Calabria della ‘ndrangheta, una manifestazione come quella che il 4 novembre ha visto sfilare nelle strade di Locri migliaia di ragazzi e ragazze al grido di: E adesso ammazzateci tutti. Stavolta non sarà facile fermarli, quei liceali che hanno alzato la testa, quei ventenni che sono tornati apposta dalle loro città di universitari fuori sede per riprendersi il futuro, quei giovani che hanno sfidato la peggiore mafia italiana con slogan beffardi. Non li fermeranno, perché in quel corteo non si piangeva solo la morte di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, trucidato il giorno delle primarie dell’Unione mentre andava a votare, ma si gridava forte e chiaro che i giovani calabresi non ne possono più. Che in una delle Regioni più belle e dimenticate d’Italia la democrazia è sospesa”.
L’articolo prende in esame la situazione economica della regione e delle imprese: “Gli spazi di legalità sono così ristretti che diventano veri e propri interstizi, a stento presidiati da persone eroiche che resistono malgrado tutto. Essere onesti, in questo contesto, diventa un’anomalia. Nell’ambito economico, per esempio, la concorrenza e il libero esercizio d’impresa sono divenuti comportamenti eroici. Non è una denuncia da poco e a farla non sono pochi pessimisti, ma ventuno associazioni e cooperative della diocesi di Locri-Gerace retta dal vescovo Giancarlo Bregantini, riunite nel Consorzio sociale Goel, un movimento di laici ispirati cristianamente che da qualche anno lavorano per creare prospettive serie, di occupazione e di integrazione sociale, nella regione. Molti di loro sono giovani, molti hanno partecipato al corteo. Il loro appello: Perché la Locride riviva è un dito puntato contro la ‘ndrangheta e i poteri che la coprono, ma anche contro le inefficienze di uno Stato che spesso, in Calabria, è più latitante dei latitanti”.
Poi esamina il problema dell’impunità in Calabria: “Come si fa a chiedere alla gente di collaborare di fronte a una normativa che non tutela più le vittime e che non assicura più la certezza della pena? Di fronte a uno Stato che non offre strumenti seri di deterrenza e prevenzione alla magistratura e alle forze dell’ordine? Di fronte al trattamento deplorevole riservato ai testimoni di giustizia? Ventidue omicidi in quattordici mesi: si è ucciso in pieno giorno, si è ucciso ragazzi, si è ucciso donne, si è ucciso in una piazza gremita di gente e di bambini che giocavano. In questi mesi si è visto che è possibile uccidere senza che nulla accada. La gente percepisce l’impunità, sa di non potersi fidare di nessuno”, scrivono le associazioni.
Altro capitolo amaro, quello del clientelismo. Aggiunge Vincenzo Linarello, presidente del Consorzio Goel e membro dell’Ufficio del lavoro della diocesi di Locri: “Nei nostri territori non viene valorizzato chi è professionalmente competente o umanamente capace, bensì chi è in grado di esibire una chiara appartenenza a persone o gruppi in grado di scambiare fette di potere. L’appartenenza può essere a un determinato gruppo politico, alla massoneria, alla ‘ndrangheta, a un parente che conta, a un uomo di potere. L’appartenenza conta più della competenza: questa è l’amara constatazione di molti giovani che, per sentirsi sufficientemente valorizzati, spesso preferiscono emigrare. Quando il potere si fa così pervasivo, tale da controllare tutti gli snodi più importanti della vita quotidiana, come si fa a non assoggettarsi e dire di no alle logiche mafiose e clientelari?”
Il settimanale mette in rilevo che il corteo di Locri non è stato solo un corteo di protesta o un’esplosione di rabbia, ma una presa di coscienza più vasta sintetizzata dagli slogan “la mafia uccide, il silenzio pure”; “voi gente che spara, noi gente che spera”. E che è stato importante il lavoro svolto dalle associazioni, come “Libera” di don Luigi Ciotti. I ragazzi della Locride hanno aperto siti Internet e forum per parlare di questi scottanti temi con i giovani di tutta Italia e non è un caso che in questi giorni si discute anche del disegno di legge che modificherebbe l’attuale legge “La Torre-Rognoni” sulla confisca dei beni dei mafiosi, prevedendo la possibilità di revisione dei provvedimenti definitivi di confisca. Un regalo ai boss, come da tempo denuncia “Libera”, che ha lanciato un appello sottoscritto da migliaia di associazioni e di cittadini, compresi molti dei ragazzi di Locri. Che commentano: “Stanno per rendere impossibile la confisca dei beni ai mafiosi, ma puniscono i ragazzi senza casco con la confisca del motorino”
Sono giovani ma non sono ingenui o sprovveduti, questi ragazzi. Sul loro blog hanno risposto così a chi ha voluto sminuire la loro azione: “Non abbiamo fatto pubblicamente i nomi perché non sta a noi indicare chi comanda le ‘ndrine locali, à la magistratura che ha questo dovere. Il nostro compito è di denunciare questa situazione difficile e sradicare la mentalità mafiosa dalla nostra splendida terra. A chi ci ha criticato diciamo di non chiamare omertosi ragazzi che a 18 anni mettono la faccia, il nome, l’impegno contro la mafia, con il rischio sempre presente che qualcuno non gradisca tutto ciò”.

postato da Anonimo; alle 10:51 PM,

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