E’ stato presentato un romanzo di un nostro giovane scrittore, Domenico Principato. Il libro, un racconto edito dall’associazione Culturale Onlus “Belmoro”, presenta in copertina un dipinto del 2004 a tempera di Concetta Nigero. E’ il prodotto di un lavoro durato 3 anni. Perché questo titolo “Parole d’Assoluto”? Come ci ha chiarito l’autore, “L’assoluto” non è altro che l’uomo libero nella pienezza della sua totalità e le “parole” esprimono un messaggio positivo rivolto alla collettività in generale. Le parole sono fatti e racconti del vissuto da parte del protagonista del romanzo (Assoluto) che vive una vita maledetta e disordinata, esprimendo la totalità della vita degli uomini che soffrono e che vengono ridotti ai margini dal mondo reale. Dalla vita disordinata dell’Assoluto-Protagonista, però, si estrapola una morale che possa seguire da linea guida verso la speranza di un mondo migliore. Il romanzo, che si compone di 14 capitoli, non ha una struttura temporale. L’autore, cioè, non ha voluto ingabbiare in un determinato periodo storico ciò che è riconducibile ai sentimenti e alle aspirazioni umane, che sono virtù universali che non hanno tempo. Il racconto ha invece una peculiarità geografica, esprimendo l’ambiente dei luoghi dell’Area dello Stretto. Tuttavia, volendo ricercare un’analisi sociologico-politica del personaggio, esso prende le mosse dalle lotte del ’68, lotte contro gli abusi delle autorità costituite. Il personaggio del libro (Assoluto) dunque, è un personaggio che, come i “sessantottini”, è molto critico con l’esercizio del potere, che annulla i frammenti di cosmo, cioè in definitiva, l’essere uomo. Assoluto si fa portavoce dei bisogni degli emarginati, per dirla con Norberto Bobbio citato nel libro, egli “…crede in coloro che hanno sempre torto, nei vinti anche se non saranno mai vincitori, nei ribelli che perdono sempre le loro battaglie contro i potenti del giorno”. Il protagonista-Assoluto è consapevole che non potrà cambiare il mondo, tuttavia crede di poter educare attraverso il suo pensiero un’esigua parte di gente dotata di buon senso. Ciò si evince dal fatto che, come ci spiega Domenico, le “Parole d’Assoluto” vengono ritrovate e lette da una persona qualsiasi che riesce a riflettere su quanto Assoluto ha scritto. Come afferma nelle pagine di introduzione del libro Annalisa Locatelli, critica d’arte, “…lo scrittore è un frammento di cosmo che lascia un’orma d’inchiostro dietro di sé. E’ una foglia rossa d’autunno, di effimera vita, ma di immortale bellezza!” Nel lettore nasce così la speranza di un futuro e una prospettiva migliore. Infatti il romanzo si conclude con una natività di un bambino che nient’altro rappresenta se non “l’uomo nuovo”, quello cioè capace di regolare i destini del mondo e di mettere fine alle ingiustizie. Ma come è nata l’idea del romanzo? Il nostro giovane scrittore (è nato a Fossato Jonico il 19 maggio del 1985), ha avuto lo spunto dalla visione di un film di Jean Renoir, “Boudu salvato dalle acque”, in cui un barbone che perde il proprio cane restando solo, decide di buttarsi nella Senna, ma viene salvato da un libraio che rappresenta il mondo borghese. Il libraio cerca di portare Boudu nel suo mondo, ma egli rimarrà sempre un uomo libero, lontano dai canoni della società borghese. A Domenico non è andato giù, nel film, questo tentativo, da parte del mondo borghese, di inglobare nei propri canoni e metodi, l’altro mondo contrapposto, quello degli uomini liberi, che sono lontani dagli schemi falsamente morali propugnati dalla borghesia. E così ha pensato di scrivere qualcosa di importante contro questo tentativo secondo lui, maldestro. Seguendo la storia letteraria del nostro romanziere, diciamo che egli, da piccolo, non si appassiona alle letture che solitamente fanno i ragazzi (“Pinocchio”, “Il Piccolo Principe” ecc.). Poi, incontrata la gioventù intellettuale del liceo Leonardo Da Vinci di Reggio Cal., che parla dei “poeti maledetti”, del decadentismo ecc., viene spinto ad occuparsi di letteratura e incomincia a leggere il primo romanzo di Enrico Brizzi, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, al quale seguono gli altri scrittori della “gioventù cannibale”, tra cui Niccolò Ammaniti. Domenico rimane affascinato dai c.d.“poeti maledetti”, Charles Baudelaire e Rinbaud, che lo affascinano per l’esistenza travagliata che hanno avuto, e dagli scrittori del romanticismo, come Goethe, Leopardi e Foscolo che lo catturano per lo stile. Nel contempo nasce in lui l’amore per la Filosofia e in particolare per Schopenauer e Nietzche con il loro pessimismo universale. Di ausilio alla stesura del romanzo sono stati anche (come in ogni giovane) i testi e le concezioni dei cantautori italiani tra cui De Gregori, Battiato, De Andrè, Guccini, e di quelli stranieri Bob Dylan e Patty Smith. Al momento Domenico ha ultimato il 1° anno di università alla facoltà di Scienze giuridiche di Reggio Calabria. Un bel romanzo, dunque, per un giovane scrittore emergente, che consigliamo di leggere, magari sdraiati al sole sotto l’ombrellone, oppure al fresco della veranda di casa.
Giovanni Crea
Tratto da “L'altroaspromonte”